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Eremo di Sant'Onofrio al Morrone, Sulmona (AQ) - Foto: Ludovica Pescara |
Ovunque nel mondo, le culture storiche hanno considerato sacre le montagne. I primi uomini le abitarono e vi trovarono rifugio. Esse furono da sempre grandi madri perché fonti d’acqua, quindi della vita.
In Tibet, il Kailash è venerato da oltre un miliardo di fedeli di quattro religioni: i pellegrini seguono una via sacra di 55 km che sfiora i 5600 metri d’altitudine; esso è il “pilastro del mondo”, la cui ascensione è però vietata. Per i Masai è sacro il Ngaj E’Ngai, “dimora (divina) di Engai”, dio nero della pioggia e dio rosso della folgore. Il Monte Uluru (“luogo ombroso”) è la dimora di Kandju il rettile, grande monolite di arenaria che domina il deserto australiano, il cui nome “occidentale” è Ayers Rock. L’Olimpo dei Greci è figura familiare del nostro immaginario.
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Eremo di San Giovanni all'Orfento, Caramanico Terme (PE) Foto: Ludovica Pescara |
L’imperatore Marco Aurelio Antonino Augusto, siriano, fu il sommo sacerdote del dio Sole El Gabal; è infatti ricordato come Eliogabalo, cioè Helios Gabalus, Sole/dio della Montagna. Si narra che nella sua cappella privata vi erano le statue di Abramo, di Orfeo, di Apollonio di Tiana e del Cristo. L’entità divina (EL) del Tanak (la Bibbia ebraica) è il Dio dell’alleanza (Beryt, Testamentum) che Egli stipula con gli uomini; la divinità è El Elyon, cioè Colui che sta in alto, ed è anche El Shadday, dall’accadico shadu (montagna). Nel Libro primo dei Re, XX, 23, parlando dei nemici israeliti, i consiglieri del re di Aram (Damasco), ricordano al loro capo che il Dio di Israele «… è un Dio delle montagne, per questo ci hanno vinti; ma se li impegneremo in battaglia nella pianura, certamente li vinceremo». Yahwèh (Yhwh) è in effetti particolarmente legato a due monti: al Moria in Gerusalemme ove ordinò di erigere il Tempio, e al Sinai dove incontrò il nomoteta. Gesù stesso scelse il Monte Tabor per la Trasfigurazione per poi morire crocifisso sul Calvario.
Eremo di San Bartolomeo in Legio, Roccamorice (PE) Foto: Ludovica Pescara |
«Perché
è lì», questa è la risposta eterna di George Mallory a chi gli
chiedeva del bisogno di salire e scalare. Ascendere deriva
etimologicamente da askesis (esercizio e disciplina), termine che ben
racconta la forza di volontà che ognuno deve infondere nel proprio
cammino. La passione per la montagna è dunque attrazione
intellettuale all’ascensione della stessa, come per Francesco
Petrarca nel suo canzoniere: «Di pensier in pensier, di monte in
monte». Il grande aretino mirabilmente condensa la potenza della
vetta, luogo dell’eccelso «oltra quell’alpe là dove il cielo è
più sereno». Un angolo di Paradiso, segnato dall’acqua e dalla
freschezza, è riparo dello spirito ove l’anima si completa
nell’unione tra il cuore dell’asceta e l’amore per l’amata
(colei che gli ha involato il cuore, «quella che ‘l m’invola»):
Canzone, oltra quell'alpe,
là dove il ciel è piú sereno e lieto,
mi rivedrai sovr'un ruscel corrente,
ove l'aura si sente
d'un fresco ed odorifero laureto:
ivi è 'l mio cor, e quella che 'l m'invola;
qui veder pòi l' imagine mia sola.
Il poeta non è più solo seppur nella solitudine dell’escursione: egli è uno con gli elementi naturali e sottili del tutto.
Giovanni Liberato
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